martedì 22 novembre 2016

The whole mess of Aleppo

"Hai presente la situazione che c'è ad Aleppo?"

"No."

"Ok. Partiamo dall'inizio..."

"Immagina di fondere gli abitanti di Milano e di Palermo per creare un enorme agglomerato urbano da 2 milioni di abitanti di nome Aleppo.

Un agglomerato che di Milano ha l'importanza economico-sociale e di Palermo ha il mercato di Ballarò, le bellezze architettoniche ed il sole che sembra essere stato creato apposta per dare ancora più splendore ai colori della città.

Immagina un posto in cui per millenni hanno convissuto, tra alti e bassi, le confessioni islamiche e cristiane nelle loro più diverse sfaccettature.

Ecco: tutto questo, nonostante nel 1986 sia stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco, da 4 anni, ospita uno dei conflitti urbani e civili più cruenti della storia.

Aleppo, oggi, è quell'immagine senza forma che si genera nella tua testa, quando qualcuno usa il termine: caos.



L'uomo costruisce muri fisici dalla notte dei tempi. La grande muraglia cinese venne edificata per marcare i confini del regno e proteggerlo dalle scorribande dei popoli confinanti.

Ma anche nei giorni nostri si è ricorso a questo genere di opere per "proteggere" un territorio dal resto del mondo. Israele nel 2002 ha costruito la barriera di separazione in Cisgiordania.

Trump vuole costruirne uno con il Messico e Berlino fino a meno di 2 decadi fa, ne ospitava uno che suddivideva il territorio in una zona controllata dal blocco russo, ed una ad egemonia occidentale.

Ad Aleppo il muro fisico non c'è. Se ci fosse, sarebbe stato buttato giù a colpi di mortaio o dal proiettile di un Abram M1 o da una bomba sganciata da un Mig-29 siriano o russo.

Ad Aleppo però, da ormai 4 anni, è presente una linea immaginaria di demarcazione, che separa il territorio in tre blocchi. Almeno 3 blocchi...




Ad oriente ci sono i....ecco su questo ci torniamo dopo. 

Ad occidente c'è il fronte filo-governativo di Bashar Al-Assad, che con l'appoggio della logistica e dell'aeronautica russa, sta cercando di riprendere il controllo della zona in mano ai "ribelli".

A complicare il tutto, c'è anche una porzione di territorio, o di distretti come è più giusto chiamarli, in mano all'unità di protezione popolare, aka YPG, alla quale non piace nè l'esercito regolare siriano, nè ovviamente l'insieme di fazioni che al momento controllano la parte orientale della città.

Una città divisa in tre blocchi, non è già di per se, un envirorment in cui è facile perseguire gli ideali di pace e convivenza civile. Ma se questo non bastasse, devi immaginare 3 fronti che si guardano in cagnesco e che se potessero, farebbero a meno l'uno dell'altro.

Un caos insomma. Che in inglese possiamo tradurre con il termine mess."

"Si ma hai lasciato in sospeso la questione legata al controllo della parte orientale della città"

"In uno scenario del genere, per noi Europei sarebbe facile capire da che parte stare. A noi non piacciono i dittatori. Siamo amanti della democrazia. Potremmo dircelo nei talk show e limitarci ad auspicare un cambiamento pacifico della questione politica siriana, capeggiata da Al-Assad.

Ma dato che da qualche decennio ci piace esportare la democrazia, vediamo di buon occhio tutti quei movimenti che internamente cercano di accoppare il dittatore di turno. Quando questi non esistono, ci scappa l'invasione dell'Iraq o il supporto alla rivoluzione libica.

Il fatto è che da un po' di tempo non ce ne sta andando bene 1. Ossia: ogni volta che un movimento di piazza accoppa la dittatura, succede un pandemonio che generalmente si risolve con l'instaurazione di un nuovo regime, peggiore del precedente, o in un enorme caos in cui a governare, paradossalmente, è l'anarchia.

Quando l'anarchia la fa da padrone, ecco che spuntano come funghi delle verie e proprie gang. 50-60 uomini armati che nascono dalla sera alla mattina e che con le armi prendono il controllo di qualche distretto.

Aleppo est è esattamente questo. Un territorio in cui l'assenza di apparati statali ha dato il via alla nascita di un numero spropositato di gang armate, che poi, una volta affrontato un processo di confederazione, hanno dato vita ad uno dei conflitti civili più cruenti da quando l'uomo popola questo pianeta.

Il paradosso sta nel fatto che quando si profilò l'idea di accoppare Assad, alcune di queste gang noi occidentali le vedevamo di buon occhio.

Ecco: ora c'è bisogno che io mi fermi e che ti spieghi che in alcun modo questa mia narrazione è volta all'individuare i buoni o i cattivi della situazione. Chi sono io per farlo? Voglio che però tu capisca che l'occidente, in più di qualche occasione, ha commesso dei gravi errori di valutazione degli intenti delle gang sul campo, giudicando come buoni o cattivi gang rivelatesi molto spesso l'opposto di ciò che credevamo.

Questa pratica, spesso fallace, ha fatto si che oggi, ad Aleppo est regnino gang che diversi media, russofoni, arabi ma anche occidentali, chiamano con l'ossimoro più tiltante mai coniato dall'uomo: moderate jihadists.

La guerra, è triste pensarlo, è in grado anche di trollare.

Il fatto è che non c'è nulla di divertente quando a finire sotto i colpi di mortaio ci sono gli abitanti di una città (quelli che son rimasti nonostante il grande esodo di siriani dei mesi scorsi) come Aleppo, allo strenuo delle forze, dei viveri e dei servizi più essenziali.

Devi però sapere che le guerre degli anni 2000 non si combattono più soltanto sul campo, ma anche al tavolo delle contrattazioni internazionali. Un teatro di guerra spesso è soltanto un luogo fisico in cui si affrontano le fanterie opposte. L'esito di una guerra però, quasi mai si manifesta lì dove i proiettili vengono sparati, ma quasi sempre ad un tavolo più o meno internazionale al quale, prima o poi, i vari duellanti si siedono per definire vincitori e vinti.

Ma se sul campo di battaglia di Aleppo è il caos, al tavolo immaginario delle trattative internazionali è ancora più un casino.

Seguimi: Assad gode dell'appoggio militare di Putin e della Russia, contro i so called moderate jihadists, confederati in un fronte che prende il nome di Jabhat Al-Nusra.

Jabhat Al-Nusra, in un primo tempo bollato come fronte "buono" anti-Assad, non è nient'altro che l'Isis ed Al-Qaeda, finanziata dall'Arabia Saudita (sunnita) e dal Qatar ed armata in un primissimo momento dal blocco occidentale in coalizione con gli Stati Uniti.

Jabhat Al-Nusra e l'Isis però sono stati coinvolti in un traffico di armi in cambio di petrolio, con la Turchia, governata da Erdogan, il quale con la propria società di trasporto marittimo, avrebbe comprato dall'Isis milioni e milioni di barili di petrolio di contrabbando.

Ma la Turchia fa parte della NATO, alleanza atlantica tra Stati Uniti, ai quali stanno sulle balle l'Isis, Assad e Putin, e 28 altri stati europei, ai quali stanno sulle balle Isis, Putin e Assad a giorni alterni, ma anche Erdogan.

Gli Stati Uniti però sono stretti alleati dell'Arabia Saudita con un patto commerciale che lega i due stati tramite la vendita di armamenti militari di tutti i tipi. Cacciabombardieri in primis.

Ah: il Qatar citato prima, è un piccolo stato arabo che detiene enormi approvvigionamenti di gas che vorrebbe vendere all'Europa, che al momento compra l'80% del gas russo tramite Gazprom. Per far si che il gas qatariota sia più economico di quello russo, il Qatar avrebbe bisogno di una pipeline che lo trasporti dal golfo persico all'Europa. La pipeline dovrebbe passare dalla Siria, ma diversi anni fa, Assad negò ai qatarioti i permessi per la costruzione del tratto siriano della pipeline. 

Per questo il Qatar finanzia con uomini ed armi i ribelli siriani, o moderate jihadists. Ma l'Europa sa che tutto sommato, se Assad dovesse capitolare, si aprirebbe la possibilità di comprare gas a prezzi inferiori, uscendo dalla morsa russa spesso tramutatasi in ricatti sull'apertura dei rubinetti russi a ridosso dell'inverno.

....che al mercato mio padre comprò.

Un groviglio del genere, fatto di doppi o triplici interessi dovrebbe trovare la soluzione al conflitto che da 4 anni imperversa nelle strade di Aleppo.

"E quindi il caos regnerà su Aleppo per sempre?"

Chi lo sa. Chi lo sa se mai qualcuno degli attori di questo conflitto rinuncerà ad uno dei propri interessi per mettere la parola fine ad un conflitto che ogni giorno uccide uomini ed un fazzoletto di terra.

Chi lo sa se mai smetteranno di piovere razzi costruiti negli scantinati, lanciati contro quartieri tutt'ora popolati dai civili. Se smetteranno di piovere dal cielo bombe su scuole ed ospedali, sganciate non si sa bene da chi.

Chi lo sa se il mondo dovrà indignarsi e costernarsi ancora difronte ad immagini come queste.