Dobbiamo combattere l'ISIS e porre fine al delirio del Califfato
E giù applausi a scena aperta per l'omino qualunque, che replicante, si lanciava nella frase di moda in quelle ore.
Qualche capomastro di studio intelligente, a quel punto, ribatteva pressapoco così:
Si ma come? Mandiamo lì i nostri soldati?
Queste 2 brevi domande lasciavano interdetto chiunque. Nessuno, politicanti o opinionisti che fossero, voleva dire la propria in maniera netta per paura di essere classificato in un certo modo e mettere a rischio se stesso e la propria reputazione di "opinionista", nel caso in cui la posizione indicata non si fosse rivelata vincente.
Ricordo l'unico intervento utile di quelle ore, andato in onda su Rai 2 nel corso di una puntata di Virus, condotto da Porro e poi chiuso per non si è mai capito bene per quale motivo.
Un ex generale italiano spiegò come al di là delle schermaglie politiche e del finto potere decisionale che i partiti credevano di avere indicando questa o quell'altra strada, all'opera c'erano già chi nella vita si occupa di pianificazione ed esecuzione di interventi militari in territori ostili.
Quel generale, di cui non ricordo il nome ed al quale Porro concesse 3 minuti in totale a star larghi, disse una cosa intelligente, ai limiti dello sconvolgente. Parafrasando i suoi interventi potremmo riassumere il succo con la seguente affermazione:
Guardate siete bellissimi. Bravo tu, bravo tu e bravo anche tu. Il terrorismo però è una cosa seria per cui facciamo che voi vi scannate in tv e noi troviamo il modo per arare il Califfato. Quando abbiamo finito, vi facciamo un fischio.
Dall'attentato del Bataclan è passato circa 1 anno e mezzo. E' giusto chiedersi come stanno le cose.
Per farvela molto molto breve, i territori in mano all'ISIS sono notevolmente diminuti.
Questa era l'estensione del Califfato aggiornata esattamente all'alba del 13 Novembre 2015, giorno in cui la cellula belga affiliata ad Abu Bakr al-Baghdadi, compì la strage del Bataclan.
Questa invece è la situazione attuale.
Al netto di una diversa colorazione di parte dei territori di Siria ed Iraq in mano a forze ribelli siriane (verde chiaro), milizia curda (YPG, YPJ e SDF in giallo) e governo iraqeno (rosso), appare alquanto evidente il ridimensionamento territoriale che l'ISIS ha dovuto subire sia in Iraq che in Siria.
Gran parte del territorio iraqeno è tornato sotto il controllo governativo. L'ISIS controlla soltanto il 10% di Mosul (seconda città iraqena a prevalenza sunnita) e la restante area è composta da un quadrante a Nord mediamente popolato, ed un quadrante Sud pressochè desertico.
Ma è in Siria dove il crollo dell'ISIS risulta più marcato sia quantitativamente che qualitativamente.
L'ISIS ha perso l'accesso ai confini turchi, molto chiacchierati e fonte di dissidi mediatici tra posizione filo-americana e posizione filo-russa. Se, come sostengono i filo-russi ma anche velatamente gli alleati occidentali, Erdogan ha giocato un ruolo importante nell'armamento del califfato, è facile capire come la presenza di una zona cuscinetto in mano ad Assad e ai suoi alleati che separa la frontiera turca ed i territori ad egemonia turcomanna (verdino scuro) dalle prime città ancora sotto il controllo dell'ISIS, abbia letteralmente fatto saltare il banco dell'organizzazione.
La fine del traffico di petrolio, reperti storici e organi in cambio di denaro, armamenti e uomini, hanno lasciato l'organizzazione a corto di pilastri vitali per la gestione e la difesa del territorio.
La "rivoluzione siriana", nessuno sa bene se con un reale dispendio di risorse o attraverso un accordo sottobanco, ha sottratto all'ISIS ulteriori territori nella parte occidentale della Siria, spostando sempre più verso l'Eufrate, l'egemonia "nera".
Inoltre, per quanti di voi non abbiano dimestichezza con la Siria, sappiate che gran parte dei territori che lambiscono il confine di stato con l'Iraq altro non sono che il prosieguo del deserto di cui vi parlavo prima a destra del confine.
L'ISIS dunque, con la perdita di Tabqa e la discesa delle forze curde parcheggiate ormai a 7km dalla "capitale" del califfato Raqqa (ormai delegittimata a favore dell'area e delle città che sorgono ai margini dell'Eufrate ed in prossimità del confine iraqeno) controlla ben pochi territori.
La parte ad est di Palmira e che colora di nero l'area attorno a Deir Ez-Zor rappresenta il prossimo obiettivo militare dell'operazione di riconquista del territorio siriano, lanciata da Assad e supportata da Russia ed Iran (ed in un certo qual modo anche da forze palestinesi). In quell'area infatti ci sono gran parte dei giacimenti petroliferi e di gas naturale di cui la Siria dispone e che, senza tema di smentita, rappresentano al momento la moneta di scambio tra Assad e Putin, il quale mette a disposizione il suo esercito, la sua intelligence ed i suoi jet in cambio di appalti da circa 20 miliardi di dollari gentilmente concessi da Assad stesso.
La situazione territoriale dell'ISIS dunque, è pressochè disastrosa. Raqqa verrà isolata da un'azione di accerchiamento simile a quella portata avanti nell'operazione di re-taking di Mosul, con le forse curde che varcheranno l'Eufrate ad Oriente della città e si ricongiungeranno con le brigate che da Tabqa muoveranno verso l'Eufrate stesso.
In contemporanea, in Iraq, al termine delle operazioni necessarie per liberare Mosul, partiranno con maggiore impulso rispetto ad oggi, le altre 3 operazioni volte a liberare il quadrante a nord-ovest di Mosul contenente Tal-Afar, il "pocket" ad ovest di Kirkuk, e l'area di confine (quella mista abitata mista desertica), che sanciranno definitivamente la fine del califfato in terra iraqena.
E' legittimo dunque credere che al termine di quest'estate l'egemonia territoriale nera si estenderà soltanto sui municipi a sud di Deir Ez-Zor.
In circa 2 anni dagli attentati di Parigi, in un modo o nell'altro, l'Occidente si sarà liberato del "big threat" ISIS, in modi che ad una analisi attenta, hanno coinvolto poco o nulla le varie fazioni politiche sia italiane che europee.
Il fischio promesso da quel generale quella sera da Porro non è ancora stato eseguito, ma mentre politica e politicanti sono ancora lì a capire bene cosa fare, qualcuno il cui approccio grazie a Dio resta puramente pragmatico, ha fatto ciò che c'era da fare per liberare l'Europa e il mondo intero, dal luogo fisico in cui vive e prolifera(va) una delle peggiori ideologie mai partorite dall'homo habilis.
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